Sintesi
Dagli inizi del 2020 la pandemia di coronavirus (COVID-19) ha comportato gravi ripercussioni per l’attività economica mondiale e dell’area dell’euro. Il calo significativo del PIL in termini reali dell’area nel primo trimestre è stato seguito da una diminuzione dell’11,8% nel secondo, che è risultata tuttavia inferiore a quanto previsto nelle proiezioni degli esperti dell’Eurosistema dello scorso giugno. Questo crollo senza precedenti dell’attività riflette l’impatto sfavorevole delle rigide misure di confinamento attuate in gran parte dei paesi dell’area attorno alla metà di marzo, successivamente attenuato dal graduale allentamento delle stesse a partire da maggio e dai cambiamenti comportamentali in risposta alla pandemia. Gli indicatori ad alta frequenza in tempo reale hanno iniziato a risalire in maggio. Ciò suggerisce un recupero forte ma incompleto del PIL in termini reali, che nel terzo trimestre dovrebbe aumentare dell’8,4%. In seguito, lo scenario di base poggia sull’ipotesi fondamentale di un successo parziale nel contenimento del virus in presenza di una qualche ripresa dei contagi nei trimestri successivi. Questo renderebbe necessaria la permanenza in vigore di disposizioni di contenimento, seppur in misura inferiore rispetto all’ondata iniziale, fino alla disponibilità di una soluzione medica entro la metà del 2021. Tali disposizioni, assieme all’elevata incertezza e al peggioramento delle condizioni nei mercati del lavoro, dovrebbero continuare a incidere negativamente sull’offerta e sulla domanda. Il considerevole sostegno fornito dalle politiche monetaria, di bilancio e del mercato del lavoro, tutte rafforzate dopo le proiezioni di giugno, dovrebbe tuttavia mantenere i livelli di reddito e limitare le cicatrici che la risoluzione della crisi sanitaria potrebbe lasciare nel tessuto economico. Si assume inoltre che tali politiche riescano a evitare forti effetti di amplificazione attraverso i canali finanziari. Sulla base di queste ipotesi, le proiezioni indicano che il PIL in termini reali dell’area dell’euro diminuirà dell’8,0% nel 2020 e tornerà a crescere del 5,0% nel 2021 e del 3,2% nel 2022. Entro la fine dell’orizzonte temporale di riferimento, il livello del PIL in termini reali sarebbe inferiore del 3½% a quello atteso nelle proiezioni di dicembre 2019 formulate dagli esperti dell’Eurosistema prima della pandemia di COVID-19.
Per quanto concerne l’inflazione, nel breve periodo il precedente crollo dei corsi petroliferi, l’apprezzamento dell’euro e il temporaneo abbassamento dell’aliquota IVA in Germania comportano che l’inflazione complessiva dell’area dell’euro misurata sull’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC) si collochi attorno allo zero nei prossimi mesi. Effetti base nella componente energetica e, in misura inferiore, l’atteso venir meno della riduzione dell’aliquota IVA in Germania ne determinerebbero successivamente un aumento meccanico nel 2021. Il tasso calcolato al netto di energia e beni alimentari dovrebbe diminuire sino alla fine di quest’anno. Gli effetti disinflazionistici sarebbero generalizzati nei settori dei beni e dei servizi poiché la domanda rimane debole, ma dovrebbero essere in parte compensati dalle perduranti pressioni verso l’alto sui costi connesse alle limitazioni dal lato dell’offerta. Nel medio periodo l’inflazione aumenterebbe per l’ipotizzato recupero delle quotazioni petrolifere e la prevista ripresa della domanda, nonostante le minori spinte al rialzo esercitate dagli effetti negativi dal lato dell’offerta legati alla pandemia e malgrado l’apprezzamento dell’euro. Complessivamente, ci si attende che l’inflazione misurata sullo IAPC salga dallo 0,3% nel 2020 all’1,0% nel 2021 e all’1,3% nel 2022[1].
Vista l’incertezza riguardo all’evoluzione della pandemia, sono stati elaborati due scenari alternativi. Nello scenario moderato lo shock è considerato temporaneo e la rapida attuazione di una soluzione medica permette di allentare ancora le misure di contenimento. Il PIL in termini reali diminuirebbe del 7,2% quest’anno, per poi registrare una forte ripresa nel 2021. Entro la fine dell’orizzonte temporale di riferimento, il PIL sarebbe lievemente superiore al livello atteso nelle proiezioni di dicembre 2019 e l’inflazione raggiungerebbe l’1,8% nel 2022. Nello scenario grave, per contro, una forte ripresa della pandemia comporta il ritorno a misure di contenimento rigorose che inciderebbero pesantemente sull’attività economica causandone perdite notevoli e permanenti. Il PIL in termini reali diminuirebbe del 10% nel 2020 e risulterebbe inferiore di circa il 9% rispetto al livello delle proiezioni degli esperti dell’Eurosistema di dicembre 2019 alla fine dell’orizzonte temporale di riferimento, mentre l’inflazione sarebbe pari ad appena lo 0,7% nel 2022.
1 Ipotesi fondamentali e provvedimenti alla base delle proiezioni
Lo scenario di base poggia su una serie di ipotesi fondamentali concernenti l’evoluzione della pandemia. La ripresa dei contagi osservata nelle ultime settimane in alcune regioni europee dovrebbe estendersi e intensificarsi nei prossimi trimestri, richiedendo il mantenimento di misure di contenimento e/o cambiamenti comportamentali da parte degli operatori economici. In virtù dell’esperienza acquisita nella gestione della pandemia, si ipotizza che tali risposte diventino più efficienti e che questo comporti costi economici inferiori rispetto all’ondata iniziale. Lo scenario assume inoltre che una soluzione medica soddisfacente (quale un vaccino) sia individuata entro la metà del 2021 e gradualmente attuata in modo generalizzato entro la fine dello stesso anno. La ripresa economica sarebbe inizialmente concentrata soprattutto nel settore manifatturiero e in determinati segmenti di quello dei servizi, mentre continuerebbe a essere particolarmente frenata negli altri servizi in comparti quali le attività artistiche, di intrattenimento, alberghiere e ricreative. Ipotesi analoghe riguardo all’evoluzione della pandemia sottendono alle proiezioni internazionali (cfr. il riquadro 2).
Provvedimenti significativi di politica monetaria, di bilancio e del mercato del lavoro contribuiranno a sostenere i redditi e limitare la perdita di posti di lavoro e il numero di fallimenti; in aggiunta, riusciranno in larga parte a contenere gli effetti di retroazione negativi per l’economia reale e il settore finanziario. Oltre alle diverse misure di politica monetaria adottate dalla BCE a partire da marzo, compresa la ricalibrazione del Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (pandemic emergency purchase programme, PEPP) in giugno, lo scenario di base include interventi discrezionali di politica di bilancio connessi alla crisi del COVID-19 corrispondenti a circa il 4,5% del PIL nel 2020 (circa 1,0 punti percentuali in più rispetto a quanto ipotizzato nelle proiezioni di giugno). Questi ultimi comprendono ampi regimi di sostegno alla riduzione dell’orario lavorativo e sussidi salariali che attutiscono l’impatto del crollo dell’attività sull’occupazione e sui redditi da lavoro. In particolare, le imprese ricevono ingenti sovvenzioni e trasferimenti in conto capitale. Si continua a ipotizzare che molte misure fiscali di emergenza in vigore al momento siano temporanee, anche se alcune sono state prorogate e nuovi pacchetti di provvedimenti sono stati adottati per il 2021 e inclusi nello scenario di base. In aggiunta, le garanzie parzialmente o interamente fornite dai governi, in particolare per i prestiti, per un ammontare complessivo corrispondente a circa il 20% del PIL, dovrebbero contribuire ad allentare i vincoli di liquidità. L’impatto del fondo per la ripresa da 750 miliardi di euro denominato Next Generation EU è incluso nello scenario di base in quanto ha abbassato i rendimenti sovrani in alcuni paesi e ha agito anche attraverso effetti di fiducia. In termini di ipotesi per i conti pubblici, lo scenario di base riflette tale impatto solo nella misura in cui alcuni dei provvedimenti nazionali adottati di recente possono essere finanziati dal fondo. A parte questo, le proiezioni contenute nello scenario di base non incorporano misure future non ancora adottate e che potrebbero essere finanziate a titolo del programma Next Generation EU, data l’incertezza riguardo ai piani di spesa dei governi nell’orizzonte temporale considerato. È importante rilevare che sia i provvedimenti di politica monetaria sia gli strumenti di credito e di capitale messi a disposizione dai governi agiscono da sostegno, in particolare riducendo i rischi di eventi a bassa probabilità ma a elevato impatto connessi a effetti di retroazione negativi per l’economia reale e il settore finanziario. Il calo dei profitti delle imprese potrebbe tuttavia far aumentare i casi di insolvenza e le frizioni nei mercati del credito determinando alcuni effetti avversi di amplificazione attraverso il settore finanziario, specialmente dopo la scadenza delle garanzie pubbliche sui prestiti. Pertanto, lo scenario di base include alcuni effetti moderati esercitati dall’inasprimento delle condizioni di finanziamento.
2 Economia reale
Il PIL in termini reali ha subito una flessione senza precedenti nel secondo trimestre del 2020. Secondo l’Eurostat è diminuito dell’11,8% nel secondo trimestre, proseguendo l’andamento discendente osservato nel primo e portandosi su un livello inferiore di circa il 15% rispetto al quarto trimestre del 2019 (cfr. il grafico 1). Nel secondo trimestre il tasso di crescita sul periodo precedente è stato molto negativo in tutti i paesi dell’area dell’euro e in particolare, tra le economie più grandi, in Francia, Italia e Spagna. I dati disponibili indicano che il calo ha riguardato maggiormente le imprese nei settori della produzione di motoveicoli, dei beni di investimento e dei trasporti, oltre che le attività artistiche, di intrattenimento e ricreative, sebbene in misura diversa nei vari paesi.
Grafico 1
PIL in termini reali dell’area dell’euro
Gli indicatori ad alta frequenza e anticipatori segnalano una ripresa vigorosa seppur incompleta dell’attività nel terzo trimestre. I dati delle indagini condotte dalla Commissione europea e gli indici dei responsabili degli acquisti (Purchasing Managers’ Indices, PMI) hanno recuperato rispetto ai minimi di aprile. Il PMI composito relativo al prodotto è risalito su una media di 53,4 a luglio/agosto, da un minimo di 13,6 in aprile e una media di 31,3 nel secondo trimestre, segnalando una ripresa del PIL in termini reali nel terzo trimestre. Gli indicatori ad alta frequenza, come il consumo di elettricità, gli indicatori di mobilità basati su GPS e i pagamenti con carte di credito hanno iniziato a riconvergere verso i livelli pre-crisi con la revoca delle misure di confinamento nei vari paesi dell’area e questo costituisce un ulteriore segnale di un forte aumento del PIL in termini reali nel terzo trimestre. In tale periodo l’attività aumenterebbe complessivamente dell’8,4%, il che implica il recupero di circa la metà del calo registrato nella prima metà dell’anno.
Nonostante l’ipotesi di una qualche ripresa della pandemia e della permanenza in vigore di alcuni dei provvedimenti adottati per contenere la diffusione del virus, l’attività dovrebbe continuare a recuperare nei prossimi trimestri. L’ulteriore recupero si fonda sull’ipotesi di una lenta diminuzione dell’impatto delle misure di contenimento, di un calo graduale dell’incertezza, di un aumento della domanda esterna e di politiche favorevoli. Nondimeno, il PIL in termini reali si riavvicinerà solo gradualmente ai livelli antecedenti la crisi. Ciò implica che alla fine del periodo considerato sia inferiore di circa il 3½% al livello atteso nelle proiezioni degli esperti dell’Eurosistema di dicembre 2019, considerate indicative dell’evoluzione dell’economia in assenza della pandemia di COVID-19.
Tavola 1
Proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro
Per quanto concerne le componenti del PIL, i consumi privati dovrebbero registrare una diminuzione senza precedenti pari all’8,0% nel 2020. Nella prima metà dell’anno i consumi privati hanno subito un calo fortissimo e le componenti più colpite sono state le vendite di motoveicoli e la spesa per vacanze e pasti nei ristoranti. Anche se la caduta del reddito disponibile reale connessa alle misure di confinamento è stata in larga parte attutita dai trasferimenti pubblici, la flessione dei consumi è stata amplificata dall’effetto congiunto del risparmio forzato e di quello precauzionale. Da un lato, il fatto che le famiglie il cui reddito è rimasto invariato non hanno avuto la possibilità di acquistare beni e servizi non essenziali ha dato luogo a risparmio forzato. Dall’altro, il forte deterioramento del clima di fiducia dei consumatori e l’aumento senza precedenti dell’incertezza riguardo alle prospettive per l’economia e l’occupazione hanno fatto aumentare il risparmio precauzionale.
In prospettiva, i consumi privati dovrebbero registrare una ripresa robusta nella seconda metà del 2020 in un contesto in cui i considerevoli trasferimenti fiscali continuano a sorreggere il reddito disponibile e il comportamento dei risparmiatori inizia a normalizzarsi dopo il confinamento. Le proiezioni indicano che i consumi privati continueranno a recuperare nel 2021 e supereranno il loro livello pre-crisi solo nel 2022. La ripresa della spesa per consumi sarà favorita dall’atteso calo graduale dell’incertezza, mentre la disoccupazione elevata e il venir meno dei trasferimenti di bilancio netti agiranno da freno.
Riquadro 1
Ipotesi tecniche riguardanti i tassi di interesse, i tassi di cambio e i prezzi delle materie prime
Rispetto alle proiezioni degli esperti dell’Eurosistema dello scorso giugno, le ipotesi tecniche attuali includono un aumento significativo dei corsi petroliferi, un rafforzamento del tasso di cambio effettivo dell’euro e un abbassamento dei tassi di interesse a lungo termine. Le ipotesi tecniche concernenti i tassi di interesse e i prezzi delle materie prime sono basate sulle aspettative di mercato al 18 agosto 2020. I tassi di interesse a breve termine si riferiscono all’Euribor a tre mesi e le aspettative di mercato sono desunte dai tassi dei contratti future. Da questa metodologia deriva un livello medio dei tassi a breve del -0,4% nel 2020 e del -0,5% nel 2021 e nel 2022. Le aspettative di mercato sui rendimenti nominali dei titoli di Stato a dieci anni dell’area dell’euro implicano una media annua dello 0,1% per il 2020 e il 2021 e dello 0,2% per il 2022[2]. Da un confronto con l’esercizio previsivo di giugno emerge che le aspettative di mercato per i tassi di interesse a breve termine sono lievemente inferiori, mentre quelle per i rendimenti nominali dei titoli di Stato a dieci anni dell’area dell’euro sono state corrette al ribasso di circa 30 punti base per il 2021-2022.
Per quanto concerne le materie prime, sulla base dell’evoluzione dei prezzi impliciti nei contratti future considerando la media delle due settimane fino al 18 agosto, si assume che le quotazioni del greggio di qualità Brent scendano da 64,0 dollari al barile nel 2019 a 42,8 nel 2020 e poi salgano a 49,2 nel 2022. Tale profilo comporta che, rispetto alle proiezioni dello scorso giugno, i prezzi in dollari del petrolio siano notevolmente più alti nell’intero periodo in esame. Si stima che i corsi delle materie prime non energetiche, espressi in dollari, tornino a salire nell’orizzonte temporale di riferimento.
Le ipotesi sui tassi di cambio bilaterali restano invariate nell’arco di tempo considerato sui livelli medi osservati nelle due settimane fino al 18 agosto. Ciò implica che il cambio dollaro/euro si collochi in media a 1,18 nel periodo 2021-2022, notevolmente al di sopra di quanto indicato nell’esercizio previsivo di giugno. L’ipotesi per il tasso di cambio effettivo dell’euro è stata rivista al rialzo del 3,1% rispetto alle proiezioni di giugno.
Ipotesi tecniche
Gli investimenti nell’edilizia residenziale dovrebbero altresì subire una netta contrazione nel 2020. Ciò vale in particolare per i paesi nei quali le misure di confinamento sono state più rigide. Gli effetti avversi sulla domanda di alloggi esercitati dal calo del reddito disponibile, dal deterioramento del clima di fiducia dei consumatori e dall’aumento della disoccupazione dovrebbero determinare andamenti persistentemente modesti degli investimenti nell’edilizia residenziale, che alla fine dell’orizzonte temporale di proiezione sarebbero inferiori di oltre il 2% al livello antecedente la crisi.
Gli investimenti delle imprese registrerebbero un crollo nel 2020, per poi recuperare gradualmente riportandosi sui livelli pre-crisi solo nel 2022. Le stime ne segnalano un drastico calo nella prima metà del 2020 a fronte delle misure di confinamento e anche in presenza della fortissima contrazione della domanda mondiale e interna e del considerevole aumento dell’incertezza. Nella seconda metà dell’anno inizierebbe una ripresa molto limitata, il cui ritmo sarebbe notevolmente diverso nei vari paesi riflettendo soprattutto la differente entità del crollo iniziale. Poste di fronte alla maggiore incertezza, le imprese dell’area dell’euro potrebbero rimandare gli investimenti e ci si attende quindi che questi ultimi raggiungano il loro livello antecedente la crisi solo verso la fine del periodo considerato.
L’indebitamento lordo delle società non finanziarie (SNF) aumenterebbe in misura significativa nel 2020, per poi registrare un calo moderato mantenendosi tuttavia al di sopra del suo livello pre-crisi alla fine dell’orizzonte temporale di riferimento. Tale aumento iniziale è ascrivibile alla flessione marcata degli utili societari nella prima metà del 2020 e al conseguente ricorso maggiore al finanziamento mediante capitale di debito per compensare le carenze di liquidità. L’osservata crescita dell’indice di indebitamento limiterebbe la dinamica degli investimenti delle imprese nel periodo in esame data la necessità per queste ultime di migliorare i propri bilanci. Nondimeno, la spesa lorda per interessi delle SNF è scesa su minimi storici negli ultimi anni e ci si attende che aumenti solo gradualmente nei prossimi, attenuando i possibili timori per la sostenibilità del debito.
Riquadro 2
Contesto internazionale
In linea con la rimozione graduale delle misure di contenimento a partire dalla metà di maggio, l’attività mondiale ha iniziato a evidenziare una ripresa che trova conferma nei risultati delle indagini congiunturali. Le disposizioni di contenimento connesse al COVID-19 hanno provocato un calo sincronizzato senza precedenti del prodotto e del commercio mondiale nel secondo trimestre del 2020, come confermano altresì i dati di contabilità nazionale pervenuti di recente. Questi dati segnalano una contrazione a due cifre dell’interscambio globale, che tuttavia è meno pronunciata rispetto a quanto anticipato nell’esercizio previsivo di giugno. L’attività economica e il commercio mondiale dovrebbero risalire dai livelli bassi del secondo trimestre, poiché le restrizioni sono state allentate e la produzione ha iniziato a normalizzarsi. Il PMI mondiale composito relativo al prodotto (esclusa l’area dell’euro) è aumentato per il quarto mese consecutivo in agosto, a 52,6, da 50,2 in luglio e dal minimo di 28,7 in aprile; il recupero è generalizzato nel settore manifatturiero e in quello dei servizi. Per quanto concerne l’interscambio, il PMI mondiale (esclusa l’area dell'euro) concernente i nuovi ordinativi dall’estero nel settore manifatturiero è salito in agosto per il quarto mese consecutivo, a indicare una prosecuzione della ripresa del commercio mondiale nel terzo trimestre.
Il PIL mondiale in termini reali (esclusa l’area dell’euro) dovrebbe diminuire del 3,7% nel 2020, per poi aumentare del 6,2% nel 2021 e del 3,8% nel 2022. La ripresa del livello di attività è tuttavia incompleta. Si ipotizza la permanenza in vigore di qualche forma di distanziamento sociale e ci si attende una soluzione medica solo alla metà del 2021. Lo scenario di base per il contesto internazionale assume che i contagi continuino in qualche misura ad aumentare, ma che siano più localizzati rispetto alla prima ondata e vengano affrontati con disposizioni di contenimento maggiormente mirate. Queste ultime, grazie agli insegnamenti tratti dall’esperienza maturata, eserciterebbero sull’attività economica effetti meno dirompenti che in passato. La perdurante incertezza riguardo all’evoluzione della pandemia e alle conseguenze economiche della stessa peserà sul clima di fiducia dei consumatori. Rispetto all’esercizio previsivo di giugno, la crescita del PIL mondiale in termini reali (esclusa l’area dell’euro) è stata rivista lievemente al rialzo per il 2020 e il 2021 ed è stata mantenuta per lo più invariata per il 2022.
Il commercio mondiale (esclusa l’area dell’euro) dovrebbe diminuire dell’11,2% nel 2020, per poi aumentare del 6,8% nel 2021 e continuare a espandersi, a un tasso del 4%, nel 2022. Le importazioni mondiali (esclusa l’area dell'euro) registrerebbero un netto calo nel 2020 riflettendo sia la loro forte prociclicità, specialmente durante le fasi di rallentamento dell’economia, sia la natura peculiare della crisi del COVID-19. Le turbative lungo le catene produttive globali e i maggiori costi dell’interscambio nel quadro delle misure di contenimento hanno gravato sul commercio internazionale. In prospettiva ci si attende che a livello mondiale gli scambi riprendano a salire assieme all’attività economica, anche se vi saranno alcuni effetti duraturi. A breve termine, la decisione dei governi di mantenere in vigore determinate restrizioni ai viaggi almeno fino all’individuazione di una soluzione medica potrebbe pesare ulteriormente sul commercio attraverso i costi più elevati dell’interscambio. Inoltre, la dipendenza di diversi paesi da fornitori esterni evidenziata dalla pandemia di COVID-19 può determinare politiche volte a diversificare le fonti di approvvigionamento a livello mondiale per evitare di dipendere da una sola fonte oppure a riportare la produzione nei paesi di origine, con effetti negativi su catene del valore globali complesse. Il profilo del livello delle importazioni mondiali contenuto nelle proiezioni di giugno è sostanzialmente confermato e segnala pertanto un calo significativo del commercio nell’orizzonte temporale di proiezione rispetto allo scenario di base antecedente la crisi. In termini di crescita, tuttavia, la contrazione meno netta delle importazioni nella prima metà del 2020 sarebbe seguita da una ripresa meno pronunciata. La domanda esterna dell’area dell’euro dovrebbe diminuire del 12,5% nel 2020 e crescere del 6,9% nel 2021 e del 3,7% nel 2022 (contro il 7,8% e il 4,2%, rispettivamente, nel 2021 e nel 2022 indicati nelle proiezioni di giugno).
Contesto internazionale
Le esportazioni dell’area dell’euro hanno risentito della pandemia di COVID-19 più delle importazioni a causa del crollo a livello mondiale in settori verso i quali l’area è particolarmente esposta e questo comporta esportazioni nette negative nel 2020. Si stima che nella prima metà dell’anno le esportazioni siano state gravemente colpite, come conseguenza diretta delle misure di confinamento adottate per contenere la pandemia. La diffusione del coronavirus ha provocato particolari turbative lungo le catene di approvvigionamento del settore automobilistico e di quelli dei macchinari e della chimica orientati verso le esportazioni, pesando sui principali settori esportatori dell’area dell’euro più che su quelli delle altre regioni. Le restrizioni ai viaggi e al turismo hanno fatto crollare le esportazioni dei servizi di ospitalità e di trasporto, che tuttavia hanno registrato una parziale ripresa nel periodo più recente grazie anche alla revoca di molte limitazioni all’interno dell’area dell’euro e al lieve allentamento nei confronti del resto del mondo. Ci si attende nell’insieme che le esportazioni evidenzino una crescita sostanzialmente in linea con il recupero della domanda esterna dell’area, sebbene inferiore alle proiezioni di giugno data la minore competitività di prezzo dovuta al recente rafforzamento del tasso di cambio dell’euro. Nel 2020 le importazioni diminuirebbero meno delle esportazioni, poiché i grandi esportatori risentono particolarmente del calo mondiale della domanda di automobili e beni di investimento, e le esportazioni nette risulterebbero quindi negative. A partire dal terzo trimestre di quest’anno, con il normalizzarsi delle condizioni mondiali, le esportazioni registrano una ripresa lievemente più forte di quella delle importazioni e di conseguenza le esportazioni nette contribuiscono positivamente alla crescita del PIL nei trimestri successivi. Dalla metà del 2021 le esportazioni e le importazioni aumentano di pari passo, il che comporta un contributo neutro delle esportazioni nette nel resto del periodo considerato.
Anche se negli ultimi mesi la disoccupazione è aumentata meno di quanto anticipato nelle proiezioni di giugno, ci si aspetta che la situazione nei mercati del lavoro subisca un peggioramento considerevole. L’aumento del tasso di disoccupazione nel secondo trimestre è stato notevolmente minore del previsto, mentre il calo del numero di occupati è risultato solo lievemente inferiore alle attese. Questi andamenti recenti implicano una diminuzione delle forze di lavoro molto più marcata del previsto, come parziale riflesso del fatto che alcuni lavoratori rimasti senza occupazione sono stati classificati come “inattivi” date le più scarse possibilità di ricerca di lavoro durante il confinamento. Inoltre, le minori opportunità di assunzione possono avere prodotto fenomeni di scoraggiamento comportando l’uscita di numerosi lavoratori. Tale effetto al ribasso sulle forze di lavoro dovrebbe riassorbirsi gradualmente nei trimestri successivi. In un contesto in cui gli andamenti delle forze di lavoro iniziano a normalizzarsi e i regimi di sostegno alla riduzione dell’orario lavorativo giungono a scadenza, il tasso di disoccupazione salirebbe dal 7,3% nel primo trimestre del 2020 al 9,5% nel 2021, per poi scendere all’8,8% nel 2022 con la ripresa dell’economia. Ciò è fondato sull’ipotesi che le politiche di aiuto al mantenimento dell’occupazione siano in larga parte efficaci per quanto riguarda i lavoratori a orario ridotto, con un passaggio limitato a una situazione di disoccupazione per quanti escono dai regimi di sostegno al mantenimento del posto di lavoro. Se il calo del numero di occupati è stato attutito dall’ampio ricorso ai suddetti regimi in tanti paesi, il numero totale di ore lavorate si sarebbe ridotto assai di più nel secondo trimestre di riflesso al fatto che molti, pur essendo occupati, hanno lavorato per un numero di ore notevolmente inferiore. Successivamente, ci si attende un aumento delle ore totali lavorate superiore a quello del numero di occupati in un contesto in cui molti tornano a ritmi di lavoro più normali.
La produttività del lavoro per addetto dovrebbe diminuire nel 2020 e poi recuperare nell’orizzonte temporale di proiezione. Il forte calo del prodotto e l’ampio ricorso a regimi di sostegno alla riduzione dell’orario lavorativo nei paesi dell’area dell’euro comportano per la produttività del lavoro per addetto un andamento fortemente discendente nella prima metà del 2020, che subirebbe una netta inversione nella seconda parte dell’anno. La produttività del lavoro per ora lavorata evidenzia invece una dinamica molto più modesta durante la pandemia, poiché ci si attende che il numero totale di ore lavorate segua da vicino gli andamenti del PIL. A partire dalla seconda metà del 2021, la produttività del lavoro dovrebbe evidenziare un profilo di crescita sostanzialmente stabile.
Rispetto all’esercizio dello scorso giugno, la crescita del PIL in termini reali è stata rivista al rialzo nel 2020 e rimane per lo più invariata nel resto del periodo considerato. La revisione verso l’alto nel 2020 è dovuta principalmente ai risultati migliori del previsto nel secondo trimestre. Successivamente la crescita risente di una serie di fattori sfavorevoli quali la diminuzione della domanda esterna dell’area dell’euro a partire dal terzo trimestre del 2020, il calo della competitività delle esportazioni dell’area dopo il recente apprezzamento dell’euro e l’aumento dei corsi petroliferi. L’impatto verso il basso di questi fattori è sostanzialmente compensato dagli effetti positivi connessi alle misure di politica monetaria annunciate dalla BCE a giugno 2020, dalle ulteriori azioni di stimolo fiscale e dagli effetti di fiducia legati al fondo per la ripresa Next Generation EU.
Riquadro 3
Scenari alternativi per le prospettive economiche dell’area dell’euro
L’elevata incertezza circa l’impatto della pandemia di COVID-19 sulle prospettive economiche dell’area dell’euro rende necessaria un’analisi basata su scenari alternativi. Al fine di illustrare un intervallo dei plausibili impatti della pandemia di COVID-19 sull’economia dell’area dell’euro, il presente riquadro delinea due scenari che si pongono come alternativi rispetto allo scenario di base delle proiezioni di settembre 2020.
Gli scenari variano a seconda di diverse ipotesi concernenti la pandemia e la reazione dell’economia. Le ipotesi relative alla pandemia riguardano la sua evoluzione, la gravità e la durata delle misure di contenimento nonché l’attuazione e l’efficacia di una soluzione medica. Quelle riguardanti l’economia si riferiscono alle risposte comportamentali degli operatori per far fronte alle perturbazioni dell’economia e agli effetti più duraturi sull’attività economica dopo la revoca di tutte le misure di contenimento. La narrativa generale concernente l’evoluzione dei suddetti fattori determina altresì le proiezioni specifiche dei singoli scenari sia per la domanda esterna dell’area dell’euro sia per i tassi sui prestiti. Altre ipotesi determinanti, ad esempio per il prezzo del petrolio, il tasso di cambio e la politica di bilancio, rimangono invariate rispetto allo scenario di base.
Lo scenario moderato ipotizza che si riesca a contenere il virus dopo il recente aumento dei contagi, mentre quello grave che vi sia una forte ripresa della pandemia. Per entrambi gli scenari, la narrativa rimane sostanzialmente simile a quella delle proiezioni di giugno. Lo scenario moderato ipotizza una stabilizzazione dei contagi dopo l’aumento recente e risposte economiche molto efficaci da parte delle autorità e degli operatori. Quello grave prevede una forte ripresa della pandemia, che induce i governi a ripristinare misure di contenimento rigorose. In questo secondo scenario l’impegno costante nell’evitare l’estendersi del contagio continuerebbe a frenare considerevolmente l’attività nei vari settori fino alla disponibilità di una soluzione medica, attesa entro la metà del 2021, ma la cui attuazione non consentirebbe tuttavia di arginare efficacemente la diffusione del virus. La debolezza dell’attività nei diversi settori è più pronunciata e prolungata nello scenario grave rispetto alla narrativa di quello di base. Ciò è in qualche misura amplificato dall’aumento dei casi di insolvenza, con conseguenti frizioni nei mercati del credito che incidono negativamente sui costi di finanziamento e sull’accesso al finanziamento di famiglie e imprese.
Tavola A
Scenari macroeconomici alternativi per l’area dell’euro
Questi scenari per l’area dell’euro si basano sulla medesima narrativa generale concernente l’economia mondiale e quindi la domanda esterna dell’area dell’euro. Nel 2020 la domanda esterna dell’area dell’euro diminuirebbe di circa l’8,6% e il 15,5%, rispettivamente, negli scenari moderato e grave. In un orizzonte di più lungo periodo, è probabile che nello scenario grave il calo della domanda esterna dell’area dell’euro rispetto al livello dello scenario di base perduri sino al termine del 2022.
Nel terzo trimestre la crescita del PIL in termini reali dell’area dell’euro è pari al 4,8% e al 9,4%, rispettivamente, nello scenario grave e in quello moderato, mentre nel quarto si riduce in entrambi gli scenari (cfr. il grafico A). I due scenari segnalano per il terzo trimestre una forte ripresa dell’attività economica, con il PIL in termini reali che rimane tuttavia ben inferiore al proprio livello pre-crisi. Nel quarto trimestre la crescita del PIL in termini reali scenderebbe al 5,0% e all’1,3%, rispettivamente, nello scenario moderato e in quello grave. La maggiore debolezza della ripresa nello scenario grave è dovuta all’ipotesi di misure di contenimento più severe che si renderebbero necessarie in considerazione del successo molto limitato dell’azione di contrasto alla diffusione del virus e della forte recrudescenza dei contagi.
Grafico A
Scenari alternativi per il PIL in termini reali e lo IAPC nell’area dell’euro
Il PIL in termini reali segnerebbe un recupero maggiore nello scenario moderato che in quello grave, in media, nel 2021-2022 (cfr. la tavola A). Nello scenario moderato dovrebbe registrare una forte crescita nel 2021 in un contesto in cui le misure di contenimento permettono una graduale normalizzazione dell’attività economica. Contribuisce a tale andamento l’ipotizzata attuazione di una soluzione medica efficace entro la metà del 2021, che assicura un ritmo di ripresa relativamente vigoroso anche nel 2022. Il PIL in termini reali salirebbe ben oltre il livello previsto nello scenario di base nel corso del 2021 e si collocherebbe su un livello superiore di circa il 4,5% rispetto a quest’ultimo alla fine del 2022. Nello scenario grave i nuovi contagi, l’efficacia limitata delle misure di contenimento e l’ipotesi di un danno economico persistente continuerebbero invece a pesare sull’attività nell’intero periodo considerato. Il profilo dell’attività economica sarebbe sostanzialmente piatto nel 2021, mentre il PIL in termini reali sarebbe inferiore del 5,8% rispetto al livello previsto nello scenario di base alla fine del 2022.
I mercati del lavoro dell’area dell’euro registrerebbero una ripresa nello scenario moderato, poiché le politiche riuscirebbero in larga misura a evitare effetti di isteresi che sono solo in parte contenuti nello scenario grave. L’occupazione nello scenario moderato dovrebbe iniziare a riprendersi sin dal terzo trimestre del 2020, mentre in quello grave diminuisce fino al secondo trimestre del 2021 e successivamente comincia a recuperare. Come il PIL, alla fine del 2022 si collocherebbe chiaramente al di sopra del livello previsto dallo scenario di base nello scenario moderato e rimarrebbe inferiore a tale livello in quello grave. In linea con il profilo dell’occupazione, nel 2022 il tasso di disoccupazione sarebbe superiore di 2,4 punti percentuali al livello dello scenario di base nello scenario grave e inferiore di 2,2 punti percentuali in quello moderato.
Per quanto riguarda l’inflazione misurata sullo IAPC, nel breve periodo vi sono scarse differenze tra i due scenari. Nel 2020 l’inflazione complessiva scende allo 0,3% in entrambi i casi. Nella misura in cui la durata della congiuntura negativa è incerta, potrebbe esservi una scarsa propensione a modificare immediatamente il processo di formazione dei prezzi.
Oltre il breve termine, gli andamenti dell’inflazione nei due scenari evidenziano differenze maggiori a causa del diverso equilibrio tra domanda e offerta. Rispetto allo scenario moderato, in quello grave sia gli effetti al ribasso dal lato della domanda sia quelli al rialzo dal lato dell’offerta sull’inflazione sarebbero maggiori; tuttavia, l’eccesso di offerta sarebbe superiore e questo deprimerebbe l’inflazione. Il tasso calcolato sullo IAPC sarebbe pari all’1,2% e all’1,8%, rispettivamente, nel 2021 e nel 2022 nello scenario moderato e allo 0,7% in entrambi gli anni in quello grave.
3 Prezzi e costi
L’inflazione misurata sullo IAPC salirebbe dallo 0,3% nel 2020 all’1,0% nel 2021 e all’1,3% nel 2022 (cfr. il grafico 2). Il basso livello dell’inflazione complessiva nel 2020 rispecchia in particolare la netta diminuzione dei prezzi dei beni energetici compresi nello IAPC, riconducibile alla caduta delle quotazioni del petrolio dall’inizio della pandemia di COVID-19, oltre che l’apprezzamento dell’euro e l’abbassamento dell’aliquota IVA in Germania per sei mesi a partire da luglio 2020. Nonostante il parziale recupero dei corsi petroliferi negli ultimi mesi, la componente energetica fornirebbe un contributo fortemente negativo all’inflazione complessiva nell’anno in corso. L’ipotizzata ascesa dei prezzi del petrolio e i lievi effetti al rialzo esercitati dagli aumenti delle imposte ambientali comportano una crescita dell’inflazione dei beni energetici nel resto dell’orizzonte temporale di riferimento. La componente alimentare dello IAPC, che aveva evidenziato un’impennata temporanea ad aprile come conseguenza della pandemia di COVID-19, ha iniziato a moderarsi su base mensile già a partire da maggio con l’allentamento delle misure di confinamento e dei vincoli dal lato dell’offerta. Si prevede che il tasso di variazione sui dodici mesi dei prezzi dei beni alimentari diminuisca nel corso di quest’anno, per poi aumentare gradualmente nel resto del periodo considerato.
L’inflazione misurata sullo IAPC al netto dei beni energetici e alimentari dovrebbe moderarsi allo 0,8% nella media del 2020 e risalire dalla seconda metà del 2021. Nei prossimi mesi ci si attendono effetti disinflazionistici generalizzati sui prezzi dei beni e dei servizi, poiché la domanda rimarrà modesta o sarà frenata dai provvedimenti introdotti per contenere la diffusione del virus. Le spinte verso il basso esercitate dalla debolezza della domanda e dall’abbassamento dell’aliquota IVA in Germania sarebbero compensate solo in parte dalle pressioni al rialzo sui prezzi e sui costi provenienti dalle perduranti turbative e carenze dal lato dell’offerta, dovute a fattori quali le disfunzioni nelle catene globali del valore, le misure di distanziamento sociale e la riduzione dell’offerta. Nel medio periodo, l’inflazione misurata sullo IAPC al netto dell’energia e dei beni alimentari dovrebbe aumentare gradualmente poiché le spinte al rialzo sui prezzi esercitate dall’aumento della domanda nel contesto dell’avanzamento della ripresa economica dovrebbero rafforzarsi nonostante l’impatto verso il basso derivante dall’apprezzamento dell’euro. Per quanto concerne i fattori di offerta, se da un lato si attenuano le pressioni verso l’alto esercitate dagli effetti di offerta negativi connessi alla pandemia, dall’altro l’uscita di imprese dal mercato potrebbe determinare aumenti dei margini di profitto superiori a quelli congiunturali in alcuni mercati. La crescita dell’inflazione di fondo sarà altresì sostenuta dagli effetti indiretti dell’ipotizzato aumento delle quotazioni petrolifere. Infine, effetti base al rialzo dovuti al venir meno dell’abbassamento dell’aliquota IVA in Germania comportano un impatto verso l’alto sul tasso sui dodici mesi dell’inflazione di fondo nel terzo e nel quarto trimestre del 2021.
Grafico 2
IAPC dell’area dell’euro
L’incremento del reddito per occupato dovrebbe diventare negativo nel breve periodo, per poi recuperare in linea con l’attività economica nel 2021 e collocarsi attorno al 2% nel 2022. Il reddito per occupato è diminuito bruscamente nel secondo trimestre del 2020, di riflesso al calo massiccio e repentino del numero di ore lavorate per addetto durante il confinamento e alla compensazione solo parziale delle perdite di reddito offerta dai regimi di sostegno alla riduzione dell’orario lavorativo in gran parte dei paesi. Tuttavia, gli andamenti del reddito per occupato enfatizzano la caduta del reddito da lavoro poiché diversi paesi iscrivono il sostegno del governo alla voce “trasferimenti” invece che alla voce “reddito per occupato”. Ci si attende che dopo il confinamento il reddito per occupato torni a salire, anche se non fino al livello antecedente l’inizio delle misure di restrizione, e che continui ad aumentare gradualmente nel resto del periodo in esame.
La crescita del costo del lavoro per unità di prodotto sarebbe soggetta a forti oscillazioni nell’orizzonte temporale di proiezione, di riflesso ai bruschi movimenti della produttività del lavoro. Nel secondo trimestre del 2020 il calo della produttività del lavoro, dovuto a una flessione del PIL più marcata di quella dell’occupazione, esercita significative spinte verso l’alto sul costo unitario del lavoro. Successivamente, la ripresa della produttività del lavoro comporta una forte caduta di tale costo. Al di là della volatilità connessa alla crisi, ci si attende che in seguito il costo del lavoro per unità di prodotto non evidenzi alcuna tendenza significativa.
I margini di profitto dovrebbero sostanzialmente compensare le forti oscillazioni del costo unitario del lavoro nel periodo considerato. Registrerebbero un recupero considerevole che farebbe seguito a un calo nel secondo trimestre. Dopo una lieve moderazione nella seconda metà del 2021, i profitti per unità di prodotto dovrebbero salire al di sopra del loro livello pre-crisi verso la fine dell’orizzonte temporale di proiezione in un contesto in cui le pressioni al rialzo provenienti dal costo unitario del lavoro sono pressoché nulle.
I prezzi all’importazione diminuirebbero sensibilmente nel 2020, per poi recuperare lievemente nel 2021 e nel 2022. Su tale profilo incidono in misura notevole le oscillazioni dei corsi petroliferi, per i quali gli aumenti passati e l’inclinazione della curva dei future sulle quotazioni del petrolio implicano un tasso di crescita fortemente negativo nel 2020 e positivo a partire dal secondo trimestre del 2021 e nel 2022. Il tasso di variazione positivo dei prezzi all’importazione dal 2021 riflette altresì le lievi spinte al rialzo derivanti sia dai corsi delle materie prime non petrolifere sia più in generale dalla maggiore dinamica di fondo dei prezzi a livello internazionale. Per contro, il recente apprezzamento dell’euro esercita pressioni al ribasso sul deflatore delle importazioni nell’intero periodo considerato.
Da un confronto con l’esercizio previsivo di giugno emerge che le proiezioni per l’inflazione misurata sullo IAPC restano invariate per il 2020, sono state riviste al rialzo per il 2021 e rimangono immutate per il 2022. La componente energetica dello IAPC è stata corretta verso l’alto per il 2020 e il 2021 data la recente ripresa dei corsi petroliferi, anche in euro, e verso il basso nel 2022 vista la curva più piatta dei contratti future sul petrolio rispetto alle proiezioni precedenti degli esperti dell’Eurosistema. La componente alimentare è stata invece oggetto di una revisione al ribasso sia per il 2020, di riflesso alla moderazione più rapida del previsto delle quotazioni delle derrate alimentari nella seconda metà dell’anno dopo l’impennata connessa alla crisi del COVID-19, sia – in misura lieve – per il 2021 e il 2022. L’inflazione misurata sullo IAPC al netto dei beni energetici e alimentari rimane pressoché immutata per il 2020, poiché l’impatto del temporaneo abbassamento dell’aliquota IVA in Germania nella seconda metà dell’anno è sostanzialmente compensato dai dati recenti più positivi. Successivamente, tuttavia, è rivista al rialzo dato che l’impatto verso il basso dell’apprezzamento del tasso di cambio effettivo dell’euro è più che compensato da quello verso l’alto esercitato congiuntamente dal venir meno della riduzione dell’aliquota IVA in Germania nel 2021, dagli effetti indiretti dell’aumento dei corsi petroliferi e da proiezioni più alte per l’attività e più basse per la disoccupazione. Tali proiezioni, a loro volta, rispecchiano in parte l’impatto delle misure di politica monetaria annunciate dalla BCE a giugno 2020 e delle ulteriori azioni di stimolo fiscale.
4 Prospettive per i conti pubblici
Il sostegno di bilancio volto a mitigare l’impatto macroeconomico della crisi del COVID-19 rimane notevole nel 2020, in un contesto in cui l’azione di stimolo considerata nello scenario di base è superiore a quella prevista nelle proiezioni di giugno. L’orientamento delle politiche di bilancio[3] sarebbe estremamente espansivo nel 2020. Ciò è favorito principalmente dalle misure fiscali straordinarie adottate da tutti i paesi dell’area dell’euro in risposta alla pandemia. Per l’insieme dell’area questi provvedimenti corrispondono a circa il 4½% del PIL e sono in gran parte costituiti da spesa addizionale sotto forma di trasferimenti e sovvenzioni a imprese e famiglie, anche nell’ambito di regimi di sostegno alla riduzione dell’orario lavorativo. Rispetto alle proiezioni dello scorso giugno, lo scenario di base per il 2020 incorpora misure addizionali connesse al COVID-19 corrispondenti a circa l’1% del PIL, riconducibili principalmente a trasferimenti e sovvenzioni.
Si prevede al momento che nel 2021 il sostegno di bilancio si riduca in misura considerevole, seppur inferiore a quanto previsto nell’esercizio del giugno scorso a causa della proroga di alcuni provvedimenti e dell’adozione di altri pacchetti di interventi nuovi per tale anno. Sulla base delle misure varate o approvate dai governi alla data di aggiornamento delle ipotesi sui conti pubblici, gran parte dei provvedimenti connessi alla pandemia è di natura temporanea e scade alla fine del 2020. Di conseguenza, nel 2021 l’intonazione delle politiche di bilancio diviene notevolmente più restrittiva. Tuttavia, rispetto alle proiezioni di giugno, lo scenario di base incorpora maggiori misure di stimolo che sono in parte di natura temporanea.
Il disavanzo di bilancio e il rapporto debito/PIL dell’area dell’euro aumenterebbero considerevolmente nel 2020, per poi registrare un lieve calo nel 2021 e nel 2022. L’incremento del disavanzo di bilancio nel 2020 va ricondotto alle misure fiscali di emergenza e alla componente ciclica negativa, che riflette il peggioramento delle condizioni macroeconomiche. Il miglioramento nel 2021 è connesso soprattutto al parziale venir meno delle suddette misure, oltre che al contributo meno negativo della componente ciclica. La forte crescita del debito nel 2020, a oltre il 100% del PIL, è ascrivibile all’effetto espansivo esercitato dal differenziale fra tasso di interesse e tasso di crescita (effetto “snowball”) e all’elevato disavanzo primario. Nel 2021-2022 il contributo all’aumento del debito fornito dai persistenti disavanzi primari è più che compensato da un effetto “snowball” favorevole, che fa lievemente scendere il rapporto debito/PIL nell’area dell’euro. Rispetto all’esercizio dello scorso giugno, le proiezioni per i conti pubblici dell’area dell’euro mostrano un disavanzo più ampio nel periodo 2020-2021 per motivi riconducibili in prevalenza all’allentamento delle politiche di bilancio riflesso dal saldo corretto per il ciclo. Ciò è in parte compensato dal miglioramento della componente ciclica e dal lieve calo degli esborsi per interessi, per effetto delle ipotesi finanziarie più favorevoli. Il rapporto debito/PIL è rivisto al ribasso principalmente a causa del più favorevole differenziale fra tasso di interesse e tasso di crescita.
Riquadro 4
Analisi di sensibilità
Le proiezioni si basano in ampia misura su ipotesi tecniche concernenti l’evoluzione di alcune variabili fondamentali. Poiché queste ultime possono incidere notevolmente sulle proiezioni formulate per l’area dell’euro, un esame della sensibilità a profili alternativi per le ipotesi sottostanti può contribuire all’analisi dei rischi che circondano le proiezioni.
L’analisi di sensibilità è volta a valutare le implicazioni di profili alternativi dei corsi petroliferi. Le ipotesi tecniche sugli andamenti dei corsi petroliferi sottostanti allo scenario di base elaborate sui prezzi dei future indicano un andamento ascendente delle quotazioni del petrolio, con il prezzo del greggio di qualità Brent che raggiungerebbe circa 50 dollari per barile nel 2022. L’analisi considera due profili alternativi dei prezzi del petrolio. Il primo è calcolato utilizzando il 25° percentile della distribuzione ricavata dalle densità delle probabilità implicite nelle opzioni per il prezzo del petrolio al 18 agosto 2020, data di aggiornamento delle ipotesi tecniche, e comporta un calo graduale delle quotazioni a 37,1 dollari per barile nel 2022, un livello inferiore del 24,5% rispetto all’ipotesi dello scenario di base per quell’anno. Come emerge dalla media dei risultati di una serie di modelli macroeconomici costruiti dagli esperti, questo profilo eserciterebbe un lieve impatto al rialzo sulla crescita del PIL in termini reali (di circa 0,1 punti percentuali sia nel 2021 sia nel 2022); l’inflazione misurata sullo IAPC risulterebbe invece inferiore di 0,1, 0,5 e 0,4 punti percentuali rispettivamente nel 2020, nel 2021 e nel 2022. Il secondo profilo si basa sul 75° percentile della stessa distribuzione e implica un aumento del prezzo del petrolio a 58 dollari per barile nel 2022, un livello superiore del 17,9% rispetto all’ipotesi dello scenario di base per l’anno in questione. Questo profilo comporterebbe un aumento dell’inflazione misurata sullo IAPC, che risulterebbe superiore di 0,1, 0,5 e 0,2 punti percentuali rispettivamente nel 2020, nel 2021 e nel 2022, mentre la crescita del PIL in termini reali sarebbe lievemente inferiore (di 0,1 punti percentuali nel 2021 e nel 2022).
Riquadro 5
Previsioni formulate da altre organizzazioni
Varie organizzazioni, sia internazionali sia del settore privato, hanno pubblicato previsioni relative all’area dell’euro. Tuttavia tali previsioni non sono perfettamente confrontabili tra loro, né con le proiezioni macroeconomiche degli esperti della BCE, poiché sono formulate in momenti differenti e sono altresì fondate su ipotesi diverse riguardo alla probabile diffusione del COVID-19. Inoltre si basano su metodi diversi e non del tutto specificati per definire le ipotesi sulle variabili di bilancio, finanziarie ed esterne, inclusi i corsi del petrolio e di altre materie prime, e presentano differenze metodologiche nella correzione dei dati per il numero di giornate lavorative (cfr. la tavola).
Le proiezioni elaborate dagli esperti della BCE per la crescita del PIL in termini reali e l’inflazione misurata sullo IAPC si collocano sostanzialmente entro i valori delle previsioni recenti delle altre organizzazioni e degli analisti del settore privato. L’attuale proiezione per la crescita del PIL in termini reali è superiore a quelle di gran parte degli altri analisti nel 2020 e inferiore nel 2021. La proiezione per l’inflazione misurata sullo IAPC è molto vicina a quelle degli altri analisti nell’intero periodo considerato, fatta eccezione per gli scenari dell’OCSE relativi al 2021.
Confronto tra alcune previsioni recenti sulla crescita del PIL e sull’inflazione nell’area dell’euro
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Per la terminologia tecnica, è disponibile sul sito della BCE un glossario in lingua inglese.
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- Le ipotesi tecniche riguardanti, ad esempio, i prezzi del petrolio e i tassi di cambio sono aggiornate al 18 agosto 2020 (cfr. il riquadro 1). Le proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro sono state ultimate il 27 agosto 2020. Le proiezioni macroeconomiche di questo mese si riferiscono al periodo 2020-2022. Nella loro interpretazione va ricordato che esercizi previsivi condotti per un orizzonte temporale così esteso presentano un grado di incertezza molto elevato. Cfr. l’articolo Una valutazione delle proiezioni macroeconomiche degli esperti dell’Eurosistema nel numero di maggio 2013 del Bollettino mensile della BCE. All’indirizzo http://www.ecb.europa.eu/pub/projections/html/index.en.html sono accessibili i dati utilizzati per la compilazione di alcuni grafici e tavole.
- L’ipotesi formulata per i rendimenti nominali dei titoli di Stato a dieci anni dell’area dell’euro si basa sulla media dei rendimenti dei titoli di riferimento a dieci anni dei vari paesi, ponderata per il PIL su base annua; la media è poi estesa utilizzando il profilo dei tassi a termine derivato dal par yield a dieci anni di tutti i titoli dell’area dell’euro stimato dalla BCE, con la discrepanza iniziale tra le due serie mantenuta costante nel periodo della proiezione. Si ipotizza che i differenziali tra i rendimenti dei titoli dei singoli paesi e la corrispondente media dell’area dell’euro rimangano costanti nell’orizzonte temporale considerato.
- Viene misurato come variazione del saldo primario di bilancio corretto per il ciclo, al netto del sostegno pubblico a favore del settore finanziario.
- 10 September 2020